[ Carocci, Roma 2017 ]
Niccolò Scaffai ha il merito di tracciare un ampio panorama degli studi letterari dedicati all’ecologia, di sintetizzarne e storicizzarne i diversi approcci critici e di fare entrambe le cose da comparatista, cioè attraverso riferimenti puntuali a testi considerati esemplari, provenienti da diversi contesti storici e tradizioni letterarie (nonché, com’era da aspettarsi, da altri campi disciplinari come ad esempio la biologia, l’etologia, le scienze naturali). Le pagine dedicate a spiegare l’importanza che la tematica ambientale ricopre nella letteratura nordamericana fin dalle sue origini (da Emerson, Thoreau, Whitman e Muir fino a Franzen e Zink), a discutere i principali metodi di studio elaborati dalla critica statunitense (denominata ecocriticism) e a ricostruire l’evoluzione del pensiero ecocritico (dall’elaborazione del material ecocriticism all’influenza delle implicazioni etiche avanzate da Morin, Descola e Callicot, dal confronto con la geocritica lanciata da Westphal a quello con il Global South) sono da questo punto di vista, probabilmente, le più importanti di un libro che mira a fare il punto sui problemi affrontati e che vorrebbe raggiungere e orientare un pubblico ampio. Estremamente utile è da questo punto di vista la scelta di riflettere subito su un «libro esemplare» (p. 33) – Gli anelli di Saturno di Sebald – precisando che la sua esemplarità «non sta tanto nella messa a fuoco delle situazioni di rischio ambientale, quanto nella capacità di rappresentare un paesaggio non soggettivo, uno spazio ecologico, in cui cioè l’esperienza dell’individuo mantiene il suo valore» e nella capacità di fare della natura «non il quadro immobile di un soggetto che si mette a distanza e si astrae, bensì “un personaggio” che si evolve entrando in relazione con gli altri» (p. 35). Scaffai rivela subito l’obiettivo del libro – «vedremo […] come le opere letterarie (soprattutto narrative) entrano in rapporto con l’ecologia, intesa come studio dei legami tra gli organismi viventi e il loro ambiente» (p. 11) –, chiarisce i sei concetti chiave intorno ai quali ruotano le sue argomentazioni e i suoi esempi (lodevole la preoccupazione per il significato da attribuire a paesaggio, ambiente, natura, ecologia), si interroga (nel terzo capitolo) sul modo in cui è stato declinato il rapporto uomo-natura nel mondo antico e in epoca classica, ma soprattutto invita ripetutamente a prendere le distanze da modelli confusivi (che equiparano l’umano al naturale) e separativi, e propone in alternativa un paradigma «distintivo», capace di preservare «come un limite l’alterità del soggetto rispetto a ciò che lo circonda» (p. 65), di trasformare «la distanza tra l’io e il mondo esterno in una risorsa cognitiva e artistica» (p. 17) e di eleggere a vero referente della critica ecologica il concetto di Unwelt (introdotto nella prima metà del Novecento da Jakob von Uexküll), l’idea cioè di una coesistenza tra agenti portatori di valori e percezioni diversi. L’apocalisse e i rifiuti, i due ambiti dell’immaginario contemporaneo ai quali sono dedicati il quarto e il quinto capitolo (entrambi ricchissimi), mostrano bene in che modo la natura funzioni come «teatro di una rottura di equilibri» (p. 72) e come una delle più importanti relazioni tra letteratura e ecologia consista nella capacità di straniarci e mettere in discussione le nostre abitudini percettive e i nostri giudizi. In questi capitoli come nell’ultimo (altrettanto ricco e dedicato al rapporto tra ecologia e modernità nel Novecento letterario italiano) Scaffai legge e interpreta in maniera inedita opere contemporanee mostrando il valore che l’ecologia di volta in volta ricopre. Oltre a valere «in sé, per il rilievo delle questioni che affronta» oppure «come risorsa su cui la letteratura può contare per esprimere la complessità» o «per cogliere il reale di sorpresa», l’ecologia può «farsi terreno di mediazione tra la vita degli individui e la vita in comune»(p. 223).
Lascia un commento